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Conclusa la COP 22: molti proclami ma ancora poca azione


Si sono chiusi i lavori della Conferenza ONU sul clima di Marrakech (COP22). Era attesa come la “conferenza dell’azione” dopo l'entrata in vigore dell'Accordo sul Clima di Parigi ma si è tradotta perlopiù in annunci rivolti al futuro. Il commento della delegazione Trentina.

Articoli, commenti e approfondimenti a cura dell'Agenzia di Stampa Giovanile

 
 

COP22: Molti proclami ma ancora poca azione

a cura di Roberto Barbiero, Elisa Calliari e Paulo Lima

“Parole, parole, parole, soltanto parole, parole tra noi.” Può sembrare banale richiamare la canzone resa immortale dalla voce di Mina, ma è ciò che forse riesce meglio a sintetizzare i risultati della Conferenza ONU sul Clima di Marrakech (COP22) conclusasi nella notte del 19 novembre.

L'invito ad “agire”, riprodotto ovunque a Marrakech – dalle bandiere, sticker e banner appesi per strada o attaccati sui taxi e bus pubblici – e proclamato dal Ministro degli Esteri marocchino e presidente della Conferenza Salaheddine Mezouar, ha creato aspettative perché questa fosse la “COP dell'Azione”. Aspettative che hanno acquistato un significato particolare con la rapida entrata in vigore dell’Accordo di Parigi. Marrakech si è trovata ad ospitare infatti il primo meeting della Conferenza delle parti dell’Accordo di Parigi (CMA), l’organo chiamato a dare concretezza agli obiettivi di mitigazione, adattamento e finanza climatica sanciti l’anno scorso nella capitale francese.

Doveva essere quindi la “conferenza dell’azione” ma si è tradotta perlopiù in annunci rivolti al futuro. Marrakech era chiamata a dare inizio alla definizione delle regole operative dell’Accordo di Parigi, soprattutto rispetto all’elaborazione delle linee guida per i contributi volontari determinati a livello nazionale (NDCs - Nationally Determined Contributions) e le comunicazioni sull’adattamento, l’elaborazione di un piano di lavoro per lo sviluppo tecnologico e per il processo di revisione dello stato di attuazione dell’accordo. Quasi nulla rispetto a questi punti è stato deciso a Marrakech. Trattandosi di meccanismi complessi e politicamente delicati, sarà necessario attendere le prossime tornate negoziali, per arrivare alla loro finalizzazione prevista per il 2018.

Quali sono dunque i principali risultati della Conferenza? Proviamo a fare una prima valutazione. 
La COP22 ha visto l’approvazione, da parte dei 196 stati partecipanti alla plenaria di chiusura della Conferenza, di un documento politico: il "Marrakech Action Proclamation"  

Presentato dal ministro degli Esteri marocchino, si tratta di un documento sintetico a nome dei Capi di Stato e di Governo presenti e volto a “segnare il passo verso una nuova era di implementazione ed azione sul clima e lo sviluppo sostenibile”

Il testo riafferma l’urgenza di un’azione concreta sui cambiamenti climatici e la necessità di una completa implementazione dell’Accordo di Parigi. L’entrata in vigore dal 4 di novembre dell’Accordo stesso, ratificato in tempo record dagli Stati, evidenzia del resto l’avvio di un processo ritenuto ormai “irreversibile”. Alcuni osservatori hanno interpretato questa espressione come un riferimento alla recente elezione di Trump e alle sue dichiarazioni pseudo-negazioniste rispetto ai cambiamenti climatici e alla sua malcelata volontà di recedere dall’Accordo di Parigi. Si tratta in realtà di una possibilità difficile, non essendo tecnicamente possibile uscire dall’accordo nei primi 4 anni dalla sua entrata in vigore, e cioè prima del 2020. Molti interventi durante la COP22 sono stati indirizzati ad isolare un’eventuale posizione negativa di Trump, facendo capire come un’inversione di marcia sia oramai impossibile.

La Proclamazione, richiamando alla solidarietà con i paesi più vulnerabili, ha inoltre ribadito con forza la necessità di accrescere il volume delle risorse finanziarie e la possibilità di accesso, con l’obiettivo di raggiungere la mobilizzazione dei 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 sancita a Parigi. Il Fondo Globale per il Clima è stato creato nel 2010 e dovrebbe essere il meccanismo in cui dovrebbero confluire tali risorse.

Nonostante le dichiarazioni d’impegno rilasciate in occasione del Dialogo Ministeriale di alto livello sulla finanza climatica, le aspettative dei paesi in via di sviluppo sono lontane dall’essere soddisfatte. La buona notizia è il raggiungimento dell’obiettivo degli 80 milioni di dollari per il Fondo di Adattamento (messo dalla COP 22 al servizio dell’accordo di Parigi) con il contributo di Germania, Svezia, Italia e Belgio. Quella cattiva è che non sarà sufficiente per compensare i costi dell’adattamento, stimati dal Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) tra i 140 e i 300 milioni l’anno.

 

Al documento di sintesi hanno fatto seguito l’adozione di vari documenti preparati dagli organi sussidiari e dai tavoli di lavoro in azione per l’implementazione dell’Accordo di Parigi.

Al di fuori dei tavoli negoziali, un risultato molto significativo è giunto grazie alla caparbietà di Laurence Tubiana, Ambasciatrice francese per il cambiamento climatico, e di Hakima El Haite, Ministro dell’Energia, Miniere, Acqua e Ambiente del Marocco, che hanno lanciato la “Marrakech Partnership for Global Climate Action”.

Si tratta di un piano di azione che prevede di valorizzare l’importante ruolo degli attori non nazionali, come regioni e città, nelle azioni di mitigazione e adattamento e sostenerne gli sforzi nel periodo 2017-2020. 

Città e regioni non solo sono il cuore dello sviluppo economico dei rispettivi Paesi, ma secondo l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) sono anche responsabili di ben il 49% delle emissioni globali di gas serra. Allo stesso tempo, sono proprio i governi locali ad avere la maggior responsabilità di proteggere i cittadini dagli impatti dei cambiamenti climatici. È proprio a livello locale che si può agire sulle politiche dei trasporti, sull’edilizia pubblica e privata, sulle pratiche di gestione del territorio e dei rifiuti. Tutte azioni che possono concorrere alla riduzione delle emissioni di gas serra ma anche all’adozione di adeguate politiche di adattamento a protezione dei propri cittadini.

I dati scientifici sono proiettati a rendere ormai improbabile mantenere sotto 1,5°C il riscaldamento globale a fine secolo e appare sempre più difficile l’obiettivo 2°C. Agire per l’adattamento è ora l’imperativo anche se molti più sforzi possono e devono essere fatti per raggiungere il picco di emissioni di gas serra nel minor tempo possibile per poi procedere all’obiettivo emissioni zero. La riduzione delle emissioni di gas serra da combustibili fossili nel 2015 di Cina e Stati Uniti indicano che il percorso si può cambiare! 

A questo fine è imperativo sbloccare e impegnare urgentemente sia i fondi che le tecnologie necessarie per le politiche di adattamento e per consentire una transizione energetica verso la totale decarbonizzazione specie nei Paesi in via di sviluppo.

Gli interventi che si sono succeduti durante i numerosi eventi a Marrakech non sembrano ancora mettere seriamente in discussione il modello globale economico e dei consumi, causa reale dell’azione antropica sul clima. Nessun commento o critica sul ruolo delle multinazionali e sul ruolo dei trattati commerciali unilaterali che minano pesantemente la sovranità alimentare ed energetica di molti Paesi e che contrastano le politiche sul clima così come un autentico sviluppo delle popolazioni garantendo l’acceso a cibo, acqua e salute.

Il ruolo della società civile, dei movimenti sociali e delle organizzazioni non governative, delle associazioni e in particolare dei giovani è stato essenziale per monitorare i processi in corso e spingere i governi, in primo luogo quello italiano, ad assumersi con responsabilità impegni più ambiziosi nell’ottica del bene comune dei popoli che rappresentano.

Il tempo è poco, occorre agire in fretta per la cura della nostra casa comune che è questa unica Terra che ci ospita.